Contributi previdenziali mancanti e costituzione di rendita vitalizia: come provare l’esistenza del rapporto di lavoro.
Non sono pochi i lavoratori che scoprono, alle soglie della pensione, dei “buchi contributivi” nell’estratto conto Inps: il più delle volte si tratta di rapporti di lavoro datati nel tempo, per i quali non è stata versata la contribuzione previdenziale dovuta.
In questi casi, se i contributi sono prescritti e non è possibile inviare la denuncia o la segnalazione contributiva all’Inps, l’unica soluzione è riscattare i periodi privi di contributi, attraverso la cosiddetta costituzione di rendita vitalizia.
La legge, difatti, ammette la possibilità che il datore di lavoro, o i suoi eredi, costituiscano presso l’Inps una rendita vitalizia reversibile, pari alla quota di pensione che sarebbe spettata al lavoratore in base ai contributi non versati. Se non è possibile ottenere dal proprio datore di lavoro la costituzione della rendita, il dipendente o i suoi eredi possono riscattare gli anni di contributi mancanti, pagando “di tasca” l’onere di riscatto, salvo il diritto al risarcimento del danno.
Ma se all’Inps non risultano i contributi versati, con quali mezzi è possibile provare l’esistenza del rapporto di lavoro dipendente, per poter riscattare i periodi scoperti?
Sul punto si è recentemente espressa la Corte di Cassazione [1] ed è stata emanata una circolare esplicativa dall’Inps [2]: la prova dell’esistenza del rapporto di lavoro per la costituzione della rendita deve essere necessariamente scritta e di data certa. Non solo: con gli stessi mezzi à necessario dimostrare che si tratta di un rapporto di lavoro subordinato.
La costituzione di rendita vitalizia, infatti, è ammessa soltanto per i rapporti di lavoro dipendente e per alcuni lavoratori autonomi, che di fatto dipendono da un altro soggetto.
La costituzione della rendita vitalizia è ammessa per i lavoratori subordinati e per i seguenti lavoratori autonomi:
In base a quanto chiarito dalla Cassazione [1], la prova dell’esistenza del rapporto di lavoro deve consistere in un documento scritto di data certa.
La durata del rapporto e la retribuzione possono invece essere provate anche con altri mezzi [3], come la testimonianza: ad ogni modo, è imprescindibile che il giorno in cui si è costituito il rapporto emerga da documentazione scritta con data certa. A partire da questa data, difatti, si deve poter ricostruire, con ogni mezzo, la durata e l’onerosità del rapporto lavorativo.
Occorre inoltre dimostrare che il rapporto lavorativo in questione è un rapporto subordinato, quindi deve essere provato il vincolo di subordinazione [4].
L’accertamento in giudizio dell’esistenza del rapporto di lavoro può essere utilizzato come prova del rapporto di lavoro subordinato, ai fini della costituzione della rendita vitalizia? La risposta è negativa [2], nelle ipotesi in cui il giudizio sia fondato su prove testimoniali e non su documentazione scritta di data certa. Per dimostrare l’esistenza e la costituzione del rapporto, nonché il vincolo di subordinazione, l’unica prova consentita è scritta e di data certa; le prove testimoniali sono idonee solo per dimostrare la durata e la retribuzione. Il giudicatointervenuto tra le parti non integra la prova scritta.
font: Noemi Secci - https://www.laleggepertutti.it/287626_se-allinps-non-risultano-i-contributi-versati?fbclid=IwAR3ticDEmQC4Aa0PtmasS0fkFviRZGHNCqg8ryM6i-8dUwOVFeTzxzxsRKA